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La lunga strade dell’investigatore Werner Mauss
Il sistema Mauss

Die Welt   31 / 07 / 1998, di Karl-Ludwig Günsche e Hans Werner Loose
 
Hans Werner Loose WELT- Colloquio con l’ex agente segreto
 
DW Berlin – L’agente Werner Mauss (58 anni) ha lavorato per anni in segreto. Nel corso di interventi internazionali ha contribuito all’arresto di circa 1600 criminali e al rilascio di circa 60 ostaggi. In Francia ha individuato il luogo in cui erano conservati contenitori di sostanze nocive fuoriuscite da Seveso e ha ritrovato il tesoro del Duomo di Colonia, che era stato rubato. Ha sempre lavorato a proprio rischio.
A causa del suo arresto in Colombia nel novembre del 1996, mentre, su incarico della cancelleria federale, voleva liberare un donna tenuta in ostaggio e così, di conseguenza, accelerare il processo di pace, fu mandato in fumo il suo camuffamento di identità variabili e nomi falsi.
Al giornale WELT Werner Mauss ha illustrato la lunga strada da lui compiuta, da figlio di un commerciante di tessuti di Essen a investigatore di missioni internazionali.

 
Il sistema Mauss

Per tre decenni il primo agente segreto della Germania è sempre stato un fatasma. Ora ha raccontato la sua vita al giornale WELT.

Le sue missioni hanno condotto Werner Mauss al limite tra la legalità e l’illegalità; ha girato tutto il mondo per conto di aziende private, uffici criminali e servizi segreti, ha contribuito all’arresto di oltre 1600 criminali a al rilascio di circa 60 ostaggi. Ora è tornado in Germania e vuole rendere note le sue conoscenze.
 
Bonn – E’ disarmato e senza guardie del corpo. L’incontro si tiene in un castello su un’altura lungo il Reno. Posa due vecchie borse contenenti della documentazione su una sedia da giardino e lascia il telefono cellulare sul tavolo.
 
”Il luogo in cui ci incontriamo resterà segreto”, dice a voce bassa, non lasciandosi mai scappare alcuna contraddizione. L’uomo dalla forte costituzione e dagli occhi color del cielo è stato per decenni un fantasma tra il crimine e la polizia, il denaro e il pericolo. Su commissione dello stato ha svolto missioni spettacolari ai limiti della legalità, ha condotto i suoi interventi a proprio rischio su incarico di terzi e continuando a cambiare identità. “Non so nemmeno più quanti nomi falsi abbia avuto – di vero, ce n’è solo uno: il mio nome è Werner Mauss.”

E’ la prima volta che uno degli uomini più brillanti della storia del dopoguerra tedesco racconta le vicissitudini della sua vita avventurosa, che l’ha portato dalla casa dei suoi genitori nella zona della Ruhr alle celle di un carcere, ma anche nei palazzi di presidenti e potentati.

“Sono nato a Essen l’11 febbraio 1940, sono figlio di un commerciante di stoffe. Mio padre è morto quando io avevo 8 anni”, descrive l’agente, ricordando i primi anni della sua vita. Sua madre doveva portare avanti la famiglia, ma il suo tentativo di continuare con l’azienda del marito fallì.

”Non ho mai svolto il mio lavoro né con la violenza, né con le armi e tanto meno con il pugno, ma sempre usando la testa”.

La famiglia Mauss deve vivere con il minimo indispensabile. Per il figlio Werner il futuro sembra essere sicuro: erediterà un terreno e studierà a Warendorf, presso Münster, alla facoltà di agraria. L’appassionato di cavalli ottiene una medaglia di bronzo in equitazione e guida e apprende a condurre le carrozze trainate da sei cavalli. “E’ già qualcosa. Ne sono veramente orgoglioso.”
 
Tuttavia Werner Mauss ha già scoperto da tempo anche il fascino di un altro mestiere: frequenta delle lezioni private tenute da insegnanti di diverse scuole di polizia. Il diciannovenne lavora come cameriere e vende aspirapolvere, per garantire il mantenimento di sua madre e per finanziare il suo secondo percorso formativo.

Proprio quando aveva appena compiuto 20 anni apre il suo primo ufficio di investigatore a Bredeney, una località alle porte di Essen, abitata da persone di classe, e acquista la sua prima automobile, una Volkswagen “scassata”. Si pone la questione se entrare o meno nella polizia, ma alla fine lascia perdere l’idea, poiché vuole essere “libero e indipendente”.

Mauss ottiene il suo primo incarico grazie ad un suo amico avvocato – “un divorzio, nel quale vi era molto denaro in ballo”. Risolve il caso raggiungendo la piena soddisfazione del cliente: in tempi rapidissimi, in maniera precisa e discreta.

Dopo aver, per così dire, segnato il suo territorio, inizia la sua ripida ascesa. Werner Mauss riceve i suoi primi incarichi da alcune aziende. Nel corso di un processo per la tutela di un brevetto, per la prima volta, conduce delle indagini a livello transfrontaliero e sotto falsi nomi per un periodo di tre mesi in Austria, Londra, nonché in Sudafrica. Ha 21 anni. “Due anni dopo possedevo uffici a Essen, Londra e Locarno. Ero proprietario di diverse autovetture, avevo conseguito il brevetto da pilota e mi ero comprato il mio primo aereo, un Cessa 182 mono-motore. Non vi era nessun altro detective che possedesse un aereo.”

A quell’epoca è già sposato con un’assistente di avvocato. Mentre Werner Mauss è in giro per il mondo a bordo del suo aereo, fallisce il suo matrimonio.

Il giovane detective scopre una massima, alla quale resterà fedele per tutta la sua vita: “Niente alcol, niente nicotina, molta disciplina – e soprattutto niente storie con le donne.” Non assume alcun collaboratore: io so, che posso fidarmi di me stesso.” Mette a punto quello che lui chiama “il sistema Mauss”: “Ho imparato a infiltrarmi in bande criminose senza travestimenti, senza parrucche e senza barbe finte, solo cambiando la mia identità. Una volta avevo addirittura tre nomi falsi e tre storie diverse all’interno della stessa organizzazione criminale. Sono sempre diverso e tuttavia sempre lo stesso. Con il mio sistema sono riuscito addirittura a infiltrarmi in bande, per le quali ero un personaggio noto. Poi mi ritrovo come il ragno nella rete. Come sono riuscito a farcela, resta un mio segreto. Un buon cuoco non rivela le sue ricette, ma posso dire: nel caso di ruoli mutevoli occorre avere sempre il controllo sul proprio “io”. Non appena raggiunta l’età di 25 anni, Mauss può scegliere gli incarichi che vuole svolgere. “La gente mi ricorreva con il suo denaro”, dice sorridendo, “potevo scegliere gli incarichi che preferivo.”

Il mondo industriale e il ramo delle assicurazioni riconoscono il suo talento; lo utilizzano con una retribuzione forfetaria: “11.000 marchi al mese, in seguito 15.000, sempre al netto delle imposte. Le spese vive naturalmente conteggiate a parte.” Ha ricevuto tre o quattro volte dei premi per il suo successo professionale. “Ma non volevo essere considerato in maniera superiore rispetto ai funzionari e ho pertanto devoluto il denaro agli agenti di polizia, che, nel corso delle mie missioni, avevano subito lesioni gravi.

Werner Mauss ha dato la caccia in tutta Europa a bande criminose, che erano specializzate in rapine, scassinamento e narcotraffico. “Erano gli inizi della criminalità organizzata. L’unico modo per fermare queste associazioni criminali era infiltrarsi nelle loro strutture.

Ero il progetto pilota degli agenti segreti in Germania. “Nel corso di tutte le missioni il professionista prende delle precauzioni; la procura di stato autorizza le sue attività: “I luoghi delle mie operazioni venivano decisi dalle commissioni speciali della polizia, mai dalle compagnie assicurative: loro erano solo i miei sponsor.”
Sin dai quei giorni, quando viene interrogato in merito alla sua professione, Mauss risponde: “Sono un collaboratore della polizia.”
Utilizza il suo aereo, come altri utilizzerebbero la loro automobile. Ottiene la licenza da pilota professionale e quella di volo senza visibilità e nel 1984 aveva già trascorso oltre 3700 ore pilotando la cloche del suo veivolo: un nuovo aereo turboprop. Mauss ha visto i film di James Bond, ma non ha tratto la sua inspirazione da quest’ultimi: “Non ho svolto il mio lavoro con l’uso della violenza, né con le armi e tanto meno con il pugno duro, bensì sempre ragionando con la testa. Raramente porto una pistola con me e ho sparato ad una persona in un unico caso, nel 1968, nelle vicinanze di Monaco.” Sparò ad un gangster armato fino ai denti, “per salvare la vita ad un agente della polizia criminale, verso il quale si stava dirigendo il criminale a bordo di un’auto”.

I suoi committenti spaziano dalla polizia municipale ai servizi segreti, dagli uffici della polizia criminale del Land alla cancelleria federale. L’ufficio della polizia criminale coordina gli interventi dell’uomo, che lo ha denominato l’”istituzione M”. Lo spettro delle sue osservazioni comprende parti molto vaste del codice civile, dal furto all’omicidio, al narcotraffico e al commercio di armi, “tutto quello che ci si può immaginare”. Il registro degli incarichi è sempre pieno: “Ho sempre lavorato contemporaneamente per quattro o cinque commissioni speciali, sempre con diverse identità, ma solo con documenti ufficiali, emessi da uffici, che sono autorizzati a tale pratica ai sensi del diritto tedesco.”

Su commissione dell’ufficio criminale federale, Mauss rintraccia Alfred Lecki, che aveva ucciso due agenti di polizia e che nel Natale 1969 prese sul serio il canto “Aprite le porte” e fuggì dal carcere di Essen insieme al suo compagno di prigione Helmut Derks. Segue la sua traccia, dovendosi recare persino in Spagna, coordina la prima sorveglianza del telefono e riesce a farlo arrestare ad Alicante e a Marbella. Il capo di stato Franco lo riceve a Madrid e lo ricompensa con due bottiglie di vino, che hanno 200 anni – “Aveva un sapore che ricordava un miscuglio tra lo Sherry e l’aceto”.

Mauss si infiltra nella prima banda europea in Austria, Italia, Francia, Belgio e Germania. Nel 1972 un’osservazione termina in maniera poco consueta: a Parigi, durante un pranzo con alcuni assassini di una banda (“A tali incontri vado addirittura armato”), la polizia circonda il ristorante. Tutto il gruppo intorno al tavolo viene condotto al carcere di Santé. Mauss nasconde la pistola nella cintura dei pantaloni e, solo giorni dopo, la consegna ai sorveglianti perplessi attraverso le sbarre della cella – “non mi sono smascherato”.

Inorridendo si ricorda del suo primo arresto: “A quel tempo era ancora in uso la ghigliottina!” La mancanza di libertà si prolunga, poiché l’unico agente della polizia criminale, che conosce l’identità e l’incarico di Mauss, è in ferie. Solo dopo due settimane viene trovato dalla sua persona di riferimento, che lavora presso Interpol a Parigi. Mauss viene lasciato in libertà e può continuare il suo lavoro – alla fine smaschera la banda composta da 80 uomini: si annoverano 27 agenti della polizia italiana e il loro leader era un capo della polizia.”

I casi di Werner Mauss diventano sempre più spettacolari. Nel 1974 registra un ulteriore successo smantellando un’altra banda europea e provocando oltre 200 arresti. Nel 1976 ritrova il tesoro di Colonia, che era stato sottratto tre anni prima. Viene impiegato anche nelle indagini per il ritrovamento di terroristi a livello mondiale. “Nemmeno oggi posso parlarne”, dice l’agente discretamente.

Parla solo di un successo, quello del 1976 ad Atene. Sapeva che il terrorista della RAF Rofl Pohle si era nascosto nella capitale greca. “Stavo seduto sull’Acropoli e riflettevo su come poterlo trovare.” Mauss sapeva anche che Pohle leggeva regolarmente la “Süddeutsche Zeitung", che ad Atene viene venduta in 75 edicole.

“Se avessi conosciuto Uwe Barschel, oggi sarebbe ancora in vita.
 
Richiede “200 agenti di polizia per un’ora” al capo della polizia ed ottiene il loro intervento. Istituisce una centrale di interventi nel quartiere della Plaka e dispone gli agenti presso tutte le edicole che potevano essere oggetto delle indagini. “20 minuti dopo l’avevamo trovato. 35 minuti dopo era in arresto.” E nuovamente un capo di governo gli stringe la mano in segno di riconoscenza. “Ho bevuto il tè con Kostantin Karamanlis e ho apprezzato il potere curativo della camomilla“, dice l’agente ascetico.
 
Nel 1983 Mauss trova 41 bidoni contenenti diossina presso un macello francese. Sono la pericolosa eredità di un incidente dovuto ad una esplosione, avvenuto nel 1970, in Italia, a Seveso. I bidoni sarebbero stato gettati in mare. L’agente tedesco sventa una catastrofe ecologica di dimensioni incalcolabili”.

Tuttavia ci sono stati anche degli insuccessi, come ad esempio nel caso del gioielliere Düe di Hannover, il quale, nel 1981, aveva simulato una rapina, nella quale gli sarebbero stati sottratti gioielli del valore di 13.565.962 marchi. Nel 1983 Düe viene condannato a sette anni di detenzione, a causa dei gioielli che aveva dichiarato rubati e che aveva consegnato a Mauss nel corso di una missione segreta. Tre anni dopo il tribunale di Braunschweig, durante il procedimento di revisione, critica la missione segreta dell’ufficio della polizia criminale del Land di Hannover, adducendo che si trattava di un “effetto a lungo termine di un interrogatorio” e i gioielli che Düe aveva consegnato a Mauss non vengono considerati come una prova ammissibile. Düe viene assolto. I tribunali civili la vedono in maniera diversa: tutte le accuse di Düe vengono respinte e questi deve coprire tutte le spese. I giudici presuppongono che Mauss abbia ragione e che Düe abbia simulato la rapina. L’audace agente afferma: “Düe mi ha addirittura confessato che la rapina è stata simulata da lui stesso“.

Nel caso Düe, per la prima volta il “manto magico di Mauss” lo abbandona. E’ vero che tenendo la testa nascosta dietro ad un casco della polizia, si reca ad Hannover a bordo del suo elicottero per l’interrogatorio dei testimoni, ed è vero che effettua la sua dichiarazione addirittura per mezzo di un impianto microfonico che riporta la sua voce nella sala dell’udienza, mentre lui si trattiene in una stanza contigua, ma poco dopo appare la prima fotografia dell’”uomo senza volta”, sicuramente un’immagine sfocata, ma che lo tradisce. E’ la foto di un’osservazione tratta dagli atti della polizia. Mauss afferma: “Sulla base di informazioni riservate è stato un funzionario dell’ufficio della polizia criminale federale che l’ha consegnata alla stampa.”

”Nel caso di ruoli in continuo mutamento, occorre sempre avere il proprio “io” sotto controllo.”
 
”Il mio lavoro venne rivelato a causa di quell’indiscrezione, ma non ne fu mai per questo pregiudicato“, afferma l’agente, “il mio sistema è troppo forte”. Perciò il cacciatore è diventato il bersaglio. L’interesse del pubblico verso di lui viene fomentato da determinati giornalisti. Sono stato veramente criminalizzato”.

 
Già da mesi Mauss sta dirigendo dalla sua base di Ginevra una nuova missione con l’istituzione tedesca per lo stato d’emergenza in Libano. Pertanto si trova in quella città anche il giorno della morte del primo ministro Uwe Barschel, originario del Land Schleswig-Holstein. Subito gli viene detto da parte di “questi giornalisti” che era lui il misterioso “Roloff”, con il quale si sarebbe incontrato Barschel. Mauss sorride pacatamente in merito a questo evento: “Ho condotto delle trattative con l’Hisbollah per il rilascio di entrambi i cittadini tedeschi Cordes e Schmidt, che erano stato presi in ostaggio in Libano. Quando Barschel si trattenne all’hotel “Beau Rivage”, anche noi avevamo prenotato in quell’albergo, ma i miei interlocutori preferirono andare all’hotel “Richmond”. Aggiunge con una certa verve: “Non ho mai visto, né ho mai parlato con Uwe Barschel.” Una cosa può dirla con certezza: “Se l’avessi conosciuto, sarebbe ancora in vita oggi.” Inoltre, a Ginevra, Mauss veniva continuamente osservato, per la sua propria incolumità, grazie alle autorità della sicurezza della Germania e della Svizzera. “Nessuno potrebbe avere un alibi migliore.”
Nel frattempo, nel castello sul Reno si fa sentire la pioggia. Werner Mauss continua imperturbato a parlare al riparo di un ombrellone. Sua moglie Ida mette al riparo la giacca di seta, che suo marito ha appoggiato su una sedia da giardino. La pone all’asciutto accanto al rododendro e versa dell’acqua minerale a suo marito. Da 17 anni la bella italiana è la donna al suo fianco.

Si sono conosciuti in un caffè a Cagliari, in Sardegna: la ventenne ha ricevuto la medaglia di bronzo al campionati nazionali di corsa dei 100 metri, studia scienze politiche all’università e vuole entrare nella diplomazia. Ma le cose vanno diversamente. Tre mesi più tardi si reca a Magonza, per incontrare l’uomo, che gli aveva raccontato di essere un pilota. Werner Mauss l’aspetta sul binario. “Per la prima volta”, dice ridendo, “non ho riconosciuto una persona che rappresentava un mio bersaglio.” La ragazza nascondeva i suoi capelli lunghi con un enorme cappello. Entrambi avevano l’intenzione di sposarsi il più presto possibile, tuttavia, prima di tutto, lo sposo doveva rivelare la sua vera professione. “Non è stato uno choc“, ricorda la donna originaria della Sardegna, che parla cinque lingue, „c’è voluto solo un po’ di tempo per abituarsi all’idea.“

Nel frattempo i coniugi Mauss hanno tre figli, uno ha 15 anni, l’altro 11 e l’altro ancora 6. I genitori fanno di tutto per offrire una casa accogliente ai loro figli, nonostante la loro professione pericolosa. Anche Ida Mauss ha iniziato a praticare l’attività del marito. L’agente confessa: “Non basta dire che amo mia moglie con tutto il mio cuore, poiché in realtà è ancora la mia migliore collaboratrice. Affrontiamo ogni tipo di prova insieme.”

Nel 1996, tutta questa storia colma di successi, sembra trovarsi di fronte ad un’improvvisa fine: il 16 novembre viene arrestato all’aeroporto di Rionegro, nella roccaforte del narcotraffico Medellin, Mauss parla di intrighi precedenti; le più elevate autorità hanno poi dovuto porgere le loro scuse. E’ stato accusato di aver sostenuto l’organizzazione dei guerriglieri dell’ELN e di aver fornito assistenza nel corso del sequestro di Brigitte Schöne, la moglie di un ex manager della BASF.
La Colombia crea una svolta interiore nei coniugi Mauss. Quando nel 1984 vennero nel paese sudamericano per la prima volta, hanno potuto constatare: “Dobbiamo porre le basi per la pace dopo 30 anni di guerra civile. Occorre combattere contro la povertà e non contro la guerriglia.” La ditta Mannesmann chiede aiuto; vuole costruire un oleodotto e ha incontrato difficoltà nell’approccio con i guerriglieri. I coniugi Mauss e Mauss hanno iniziato a condurre, insieme alla chiesa cattolica, “una battaglia caritatevole lungo le condutture dell’oleodotto”. In cooperazione con le organizzazioni umanitarie di tutto il mondo e grazie al denaro dell’industria si costruiscono scuole e ospedali per i poveri. L’esercito per la liberazione nazionale ELN sostiene questi progetti. Werner Mauss afferma: “Ci siamo addirittura travestiti da babbi Natale e abbiamo distribuito dei regalini in quelle zone, dove regnavano solo la morte e i massacri.”
I due tedeschi apprendono le leggi della giungla: “I guerriglieri sequestrano i dipendenti di ditte straniere e li rilasciano in cambio del denaro dei riscatti.” Tuttavia, loro stessi hanno risolto “casi di sequestri attraverso azioni umanitarie e in questo modo hanno evitato ulteriori ostaggi e attentati”. E questo avvenne anche nel 1988. Cinque europei vengono rilasciati senza pagamento di alcun riscatto, dopo l’invito da parte di Mauss rivolto ad un piccolo gruppo appartenente all’ELN che si sarebbe recato in Germania. L’agente ebbe successo e riuscì “a trovare la chiave della soluzione nella politica piuttosto che nel denaro”. L’ELN inoltra al cancelliere Kohl una petizione in merito ai massacri perpetrati nella loro patria.

Nel 1995, la coppia di agenti Mauss riceve l’incarico di svolgere una missione speciale. Si recano al campo centrale dei guerriglieri e nel gennaio 1996 portano in Germania, rischiando la propria vita, il vertice del Comando Centrale dell’ELN. Mauss fa partecipare i ribelli ai colloqui di intesa, che hanno luogo in tutta Europa. “In seguito”, dichiara l’agente, “tutti i politici convengono sullo stesso punto: l’ELN vuole la pace.” Anche nel 1996, quando il ministro degli interni della Colombia Horation Serpa parala dinnanzi alla cancelleria di Bonn, Mauss siede al tavolo delle trattative. A New York organizza un incontro tra il ministro della cancelleria Bernd Schmidbauer e il presidente colombiano Ernesto Camper e prende parte alle consulenze. Il 16 dicembre 1996 le trattative di pace devono essere avviate, il 1° gennaio 1997 tacciono le armi. Le condizioni che impone il coordinatore dei servizi segreti Schmidbauer: non deve rimanere alcun ostaggio nelle mani dei ribelli.

”Era solo questo il motivo della nostra missione”, ricorda Mauss in merito all’incarcerazione a Medellin, che è stata provocata dagli “intrighi del governatore con la compagnia assicurativa Controlrisk”, che intercorrevano ormai da due mesi. Werner e Ida Mauss vengono mostrati alla stampa e il loro mascheramento viene definitivamente rivelato. Il processo di pace sembra essere già concluso prima che inizi. “Ci trovavamo in missione su incarico della cancelleria”, dichiara l’agente. “Godevamo della protezione di una lettera salvacondotto e di diverse identità, al fine di recuperare, nella foresta pluviale, Brigitte Schöne, la quale era stata sequestrata da criminali ed era stata liberata grazie all’ELN. Questa era una delle più pericolose missioni che abbiamo compiuto.” Per nove mesi i coniugi Mauss sono in carcere e devono sopravvivere a condizioni disumane”. Werner Mauss sente “i sequestratori della signora Schöne che gridano mentre sono sotto tortura“.

Viene collocato in una cella, che si può definire addirittura comoda, dotata di un telefono a monete, ma sua moglie deve accontentarsi di una cella dalle dimensioni di 1,60 metri x 1,80 metri, porta a porta con assassine e avvelenatrici; ”E’ stato terribile, anche se avevo il permesso di parlare al telefono con mio marito per un quarto d’ora al giorno.” Una volta al mese ha luogo un incontro con i famigliari: Ida Mauss, sorvegliata da 130 soldati, viene portata al carcere di suo marito a bordo di un carro-armato. “E’ stato solo il pensiero rivolto ai nostri figli e al nostro amore che ci ha dato la forza di sopportare tutto quello che abbiamo subito”, dice Mauss, che diversamente dal solito, in questa occasione si rivela emozionato.

Tra Bonn e Bogotà ardono i fili diplomatici. Il 28 luglio 1997, finalmente i coniugi vengono rilasciati. Il 20 maggio 1998 la corte suprema della Colombia dichiara con evidenza: L’arresto e l’incarcerazione sono stati atti illegali; Ida e Werner Mauss non hanno mai violato le leggi del paese. Mauss afferma con sicurezza: “Senza il governo tedesco e senza il signor Schmidbauer saremmo in carcere ancor oggi.”
Appena riacquistata la libertà, il presidente Camper chiede alla “squadra Mauss” di ridar vita al processo di pace, che si è arrestato a causa del loro arresto.

”Non solo amo mia moglie con tutto il mio cuore, ma è anche la mia migliore collaboratrice.”
I coniugi si recano più volte al campo centrale dei guerriglieri e impongono che di poter accompagnare una commissione del comando centrale in Germania, in occasione delle trattative di pace. Nel 1998, nel convento carmelitano di Himmelsporten, presso Würzburg, allo stesso tavolo siedono, per la prima volta insieme, lo stato, la chiesa e i guerriglieri. Dopo 40 anni di guerra civile, che ha causato la morte di circa 35.000 all’anno, hanno sottoscritto il primo documento per la pace. Werner e Ida Mauss, che sono presenti all’incontro nel convento, definiscono il documento “un atto storico”.
 
Nel corso di questo giorno piovoso, l’agente tira le somme della sua vita: quasi 60 ostaggi che sono stati rilasciati, oltre 1600 criminali sono stati arrestati grazie al nostro ausilio. “Non consiglierei a nessuno di avere una vita come la mia“, dice Mauss con atteggiamento serio. Forse svelerà il segreto del “sistema Mauss”: “Proprio come allora ho appreso dalla polizia i miei strumenti di lavoro, potrei inoltrare le mie conoscenze ad agenti di polizia selezionati.”

Se si chiede all’uomo con il taglio di capelli a spazzola qualcosa in merito alla sua missione più difficile, lui ride fragorosamente: “Sono state le trattative con l’ufficio della polizia criminale federale riguardo la mia previdenza sociale.”

Con la cortese autorizzazione della casa editrice www.diewelt.de

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